Nostos, il ritorno (1989)
un film di Franco Piavoli
interpreti: Luigi Mezzanotte, Branca de Camargo, Giuseppe
Marcoli, Alex Carrozzo, Alessandra Agosti, Nicola Colella, Ginevra Alighieri
Durata: 84 min
Distribuzione: Medusa
Video
Avvertenza: Dialoghi del film ispirati a suoni di antiche
lingue mediterranee
Pellicola ardita, come ardito è l’Ulisse già diventato
Odisseo e tormentato dalla bellezza infinita del gioco fanciullesco del cerchio
nella sua Itaca dalle lunghe albe dorate.
Film struggente e poetico. Anzitutto a parlare tornano le
immagini, in un cinema primitivo che sa esprimere se stesso nella
contemplazione della selvaggia natura, del mare spumoso, del sole e della luna
che si nascondono nel chiaroscuro di cataste di nugoli accesi ai bagliori del
cielo.
Odisseo è Nostos, nostoi in greco vuol dire maliconia. La
malinconia è proprio il sentimento primo che viene in mente vedendo questo film
ed è rappresentato, come svela anche il regista nella sua intervista, dal quell’attimo
candido in cui al protagonista sperso nel mare che con difficoltà cerca di
avanzare verso la salvezza e la patria il gioco di sovrapposizione di una
grande luna piena lo protegge e gli parla.
Tutto, dal ricordo peccaminoso della guerra, ai compagni
affaticati, alla discesa verso mondi sotterranei che interrogano il senso della
vita, al cosmico dolore per essere l’unico sopravvissuto ad un mare che non
perdona chi della morte fece la propria bandiera, a quella Calipso che è amore
e dolcezza insieme, senza per altro bastare, tanto è vivo in Odisseo- Nostos il
bambino che fu.
Proprio il bambino è quello che si rimette alla mercé del
mare, alla ricerca del passato, al ritorno all’origine, come se più conosci il
mondo e ti avventuri in esso e più rimpiangi gli inizi, le cose dalle quali il
tempo e gli eventi ti hanno allontanato.
I dialoghi sono pochi e tutti svolti con grida, con mugugni,
con frasi di un antico greco che è lingua come suono, restituzione dell’importanza
della parola come musica.
Le musiche strumentali che accompagnano gli eventi aiutano l’azione
lenta del film a destare l’opportuna riflessione sul destino cosmico dell’uomo
rappresentato millenni fa da Omero attraverso Ulisse. Il ritorno a casa è
tratteggiato con soffice ma decisa epicità nei tanti primo piano a cui il regista
lega la portata essenziale del momento nei tratti dell’uomo antico, ancora
silenzioso e meditativo.
La meditazione è altro tocco scenico forte di questo lavoro.
Non per altro Penelope è tratteggiata come ombra che lavora la sua famosa tela.
Nostos ha raggiunto la visione, la felicità, il ritorno. La
malinconia diventa visione luminosa e numinosa di una moglie tanto cara che né
i dolori e né le gioie della guerra e del viaggio gli hanno saputo portare via.
Riposare dentro una cassapanca la tela è l’ultimo gesto, il
più gradito, l’avveramento della promessa e della speranza, il mite e più
eroico dei momenti, la fine e l’inizio, la pace domestica, la malinconia che si
trasforma in gioia.
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