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lunedì 27 giugno 2016

Nostos, il ritorno (1989)










Nostos, il ritorno (1989)
un film di Franco Piavoli
interpreti: Luigi Mezzanotte, Branca de Camargo, Giuseppe Marcoli, Alex Carrozzo, Alessandra Agosti, Nicola Colella, Ginevra Alighieri
Durata: 84 min
Distribuzione:  Medusa Video
Avvertenza: Dialoghi del film ispirati a suoni di antiche lingue mediterranee

Pellicola ardita, come ardito è l’Ulisse già diventato Odisseo e tormentato dalla bellezza infinita del gioco fanciullesco del cerchio nella sua Itaca dalle lunghe albe dorate.
Film struggente e poetico. Anzitutto a parlare tornano le immagini, in un cinema primitivo che sa esprimere se stesso nella contemplazione della selvaggia natura, del mare spumoso, del sole e della luna che si nascondono nel chiaroscuro di cataste di nugoli accesi ai bagliori del cielo.
Odisseo è Nostos, nostoi in greco vuol dire maliconia. La malinconia è proprio il sentimento primo che viene in mente vedendo questo film ed è rappresentato, come svela anche il regista nella sua intervista, dal quell’attimo candido in cui al protagonista sperso nel mare che con difficoltà cerca di avanzare verso la salvezza e la patria il gioco di sovrapposizione di una grande luna piena lo protegge e gli parla.
Tutto, dal ricordo peccaminoso della guerra, ai compagni affaticati, alla discesa verso mondi sotterranei che interrogano il senso della vita, al cosmico dolore per essere l’unico sopravvissuto ad un mare che non perdona chi della morte fece la propria bandiera, a quella Calipso che è amore e dolcezza insieme, senza per altro bastare, tanto è vivo in Odisseo- Nostos il bambino che fu.
Proprio il bambino è quello che si rimette alla mercé del mare, alla ricerca del passato, al ritorno all’origine, come se più conosci il mondo e ti avventuri in esso e più rimpiangi gli inizi, le cose dalle quali il tempo e gli eventi ti hanno allontanato.
I dialoghi sono pochi e tutti svolti con grida, con mugugni, con frasi di un antico greco che è lingua come suono, restituzione dell’importanza della parola come musica.
Le musiche strumentali che accompagnano gli eventi aiutano l’azione lenta del film a destare l’opportuna riflessione sul destino cosmico dell’uomo rappresentato millenni fa da Omero attraverso Ulisse. Il ritorno a casa è tratteggiato con soffice ma decisa epicità nei tanti primo piano a cui il regista lega la portata essenziale del momento nei tratti dell’uomo antico, ancora silenzioso e meditativo.
La meditazione è altro tocco scenico forte di questo lavoro. Non per altro Penelope è tratteggiata come ombra che lavora la sua famosa tela.
Nostos ha raggiunto la visione, la felicità, il ritorno. La malinconia diventa visione luminosa e numinosa di una moglie tanto cara che né i dolori e né le gioie della guerra e del viaggio gli hanno saputo portare via.
Riposare dentro una cassapanca la tela è l’ultimo gesto, il più gradito, l’avveramento della promessa e della speranza, il mite e più eroico dei momenti, la fine e l’inizio, la pace domestica, la malinconia che si trasforma in gioia.

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